Il pomodoro Re Umberto è un antico ortaggio che risale al XIX secolo. La storia racconta di come questo nome sia un omaggio a Umberto I di Savoia, quando da Re d’Italia visitò Napoli per la prima volta nel 1878.
E’ un’eccellente varietà di pomodoro da sugo o conserva, conosciuto anche con il nome “Fiascone”. Ha dato origine al pomodoro San Marzano ed è stato coltivato in Italia per oltre un secolo e venduto da tutte le maggiori ditte sementiere.
I cataloghi della ditta Sgaravatti che vanno dal 1910 al 1940, lo descrivevano come un “must”: era considerato un pomodoro d’eccellenza, per il suo sapore intenso, per la produzione molto generosa grazie a piante vigorose.
Ma i suoi semi vennero confusi e mischiati con altre varietà, e divenne sempre più difficile reperirlo anche a causa della cancellazione dal registro delle varietà da parte dell’Ense (all’epoca, Ente incaricato del controllo ufficiale delle sementi). Eppure è uno dei pochi pomodori nazionali che a quei tempi era apprezzato e coltivato in molte parti del mondo.
Il Re Umberto venne citato dalla storica società francese Vilmorin-Andrieux (nacque nel XVIII secolo e contribuì alla conoscenza botanica e agronomica) e nel famoso libro “The Vegetable Garden“, oltre a illustrarlo, lo definisce di forma ovale ma appiattita sui lati, che cresce in grappoli da 5 a 10 pomodori. Anche l’Istituto di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee dell’Università degli Studi di Napoli ne fece eseguire illustrazioni ora conservate presso il Museo della Reggia di Portici.
A Tramonti, in Costiera amalfitana, iniziò ad essere coltivato nei primi anni del ‘900, e i suoi semi vennero diffusi di mano in mano in tutte le tredici contrade. Ogni famiglia aveva il suo terreno usato per la coltivazione di questo pomodoro, ed ogni estate, dopo la raccolta che avveniva con la giusta maturazione, e di mattina presto, si provvedeva a fare la conserva di pomodori, (il termine usato ancora oggi è: “Fare le bottiglie” ). Prodotto che non doveva mai mancare in una casa e che durava per tutto l’anno. Alimento principe che condisce una miriade di piatti della tradizione.
Ma, anche qui ha subìto negli anni il declino, soppiantato da altre varietà, fino a quasi perderne la memoria, se non fosse stato per alcuni contadini locali che gelosamente l’hanno custodito e donato all’Associazione Acarbio, così da distribuirlo a quanti hanno a cuore la biodiversità rurale dell’area e avviare così un nuovo percorso legato alla tradizione.
La storia del pomodoro Re Umberto è sicuramente emblematica e fa capire come senza i “custodi” della biodiversità, molti cultivar rischiano l’estinzione.
Questa varietà di pomodoro ancora oggi è considerata rara e conservata da alcuni “ Seed Savers” (“conservatori di semi”) di diversi Paesi del mondo.